Strabone la presenta come una città, posta su un fertile promontorio, ricca di begli edifìci, con porticati, agorà e ginnasio (Geografia, XII, 54). Fondata da coloni provenienti da Mileto, essa s’impose ben presto sulle altre città della costa come punto centrale dei traffici marittimi. Dalcanto suo Plinio concorse allo sviluppo della città mediante la costruzione di un acquedotto (Lettera 90).
Le origini di Sinope rimontano al tardo VII secolo a.C. Fondata da coloni provenienti da Mileto, essa s’impose ben presto sulle altre città della costa come punto centrale dei traffici marittimi e quale ultima stazione delle strade carovaniere provenienti dalla Cappadocia e dai paesi bagnati dall’Eufrate. È da qui che nell’anno 401 a.C. — come narra Senofonte — si imbarcarono alla volta di Bisanzio i diecimila greci dell’Anabasi, in ritirata dopo la sconfitta di Cunassa.
Intorno a quegli anni in questa città commercialmente ricca e intellettualmente vivace nacque il filosofo Diogene detto il Cinico (413 a.C.).Condannato all’esilio perché suo padre, il banchiere Icesio o forse lui stesso, aveva battuto moneta falsa, Diogene si recò ad Atene e poi a Corinto dove morì (329 o 325 a.C.). In questa città ricca e vivace nacque il filosofo Diogene detto il Cinico. La celebre frase « cerco l’uomo » che il filosofo pronunciava portando attorno una lucerna in pieno giorno, condensa sia pur ironicamente il suo pensiero: la ricerca di un uomo che, libero da convenzioni e da esteriorità, viva secondo la sua essenza e sia quindi felice. Per pervenire a questo risultato Diogene predicava la necessità dell’esercizio (ascesi) e della fatica [1].
Oltre al filosofo cinico, Sinope diede i natali ai fratelli Diodoro e Difilo (360-350 a.C. ca.), significativi poeti — soprattutto il secondo— della Commedia Nuova. Dopo diverse vicissitudini politiche che la videro in possesso dei Persiani e dei Diadochi, Sinope fu conquistata da Farnace I, re del Ponto (183 a.C.) e per oltre cento anni rimase capitale di questo regno. Va ricordato Mitridate VI il Grande che costituì il più pericoloso nemico di Roma in Oriente. Nella serie dei re pontici va ricordato MitridateVI il Grande (120-63 a.C.) che costituì il più pericoloso nemico di Roma in Oriente. Nel 70 a.C. la città fu conquistata da Lucullo ma successivamente ricadde in mano del figlio di Mitridate Farnace II (63- 47 a.C.).
Contro costui Cesare ingaggiò una battaglia a Zela, nel Ponto. È in questa circostanza che lo stratega romano annunciò la sua vittoria con la famosa frase veni, vidi, vici.Successivamente Cesare riconobbe a Sinope il diritto di colonia chiamandola Colonia Julia Felix Sinope. La sua abbondante e ricca monetazione che si sussegue dal VI secolo a.C. sino al III d. C. è una conferma del benessere economico che si prolunga in tutto questo tempo. La tradizione vuole che il primo annuncio del Vangelo sia stato fatto dagli apostoli Pietro e Andrea. Anche in rapporto al cristianesimo Sinope è ricca di memorie. Già significativa appare la menzione della 1ª Lettera di Pietro ai cristiani dispersi nelle regioni del Ponto… e della Bitinia (1Pt 1,1). La tradizione vuole che il primo annuncio del Vangelo sia stato fatto in essa dagli apostoli Pietro e Andrea. Senza dubbio, nei primi anni del II secolo, la città apparteneva alle località nelle quali Plinio aveva constatato un forte numero di cristiani (Lettera 98). È certo che in questi anni la Chiesa di Sinope doveva possedere già una organizzazione a carattere episcopale.
Marcione, nato a Sinope nei primi anni del II sec., pare sia stato scomunicato da suo padre. Non ci è noto il nome del vescovo che la resse nei primi decenni del II secolo mentre è ben conosciuto il nome di suo figlio, l’ereticoMarcione. Nato a Sinope nei primi anni del secolo II, pare che egli sia stato scomunicato da suo padre. Tertulliano presenta Marcione come un ricco armatore navale (De praescriptione, 30, 1). Venuto a Roma, entrò a far parte di quella Chiesa cui fece dono di 200.000 sesterzi, somma che gli fu restituita quando nel 144 venne bandito dalla comunità.Aseguito di questo allontanamentoMarcione fondò una Chiesa dotata di gerarchia, di teologi e persino di martiri. Essa si estese sino agli ultimi confini della terra (Giustino) e rimase in vita sino alla metà del V secolo.
L’intento originario di Marcione pare non fosse quello di costituire una nuova Chiesa, ma di annunciare il messaggio autentico di Gesù che gli pareva adulterato dalla comunità cristiana. L’intento originario di Marcione pare non fosse quello di costi- tuire una nuova Chiesa, ma di annunciare il messaggio di Gesù che gli pareva adulterato dalla comunità cristiana del suo tempo [2]. Il nucleo della dottrina marcionita era la proclamazione della redenzione operata da Gesù per la misericordia di Dio Padre. La constatazione che il Dio veterotestamentario non presentava i tratti di misericordia del Dio annunciato da Gesù, portarono Marcione a distinguere il Dio benevolo e padre di Cristo che salva liberamente e per amore, dal Dio dell’Antico Testamento, signore di questo mondo che vincola a sé mediante il timore e la legge. Conformemente a questo orientamento l’eretico rigettò tutti i libri dell’Antico Testamento e anche taluni del Nuovo che riteneva interpolati da giudaizzanti. Non vi è dubbio che Marcione rappresentò uno dei più grandi pericoli per la comunità cristiana del II secolo. « Egli esercitò una influenza fondamentale sullo sviluppo della Chiesa, mettendola in guardia contro il pericolo realmente esistente ai suoi tempi della deformazione del kerygma in senso legalista » (B. Aland).
L’eretico rigettò tutti i libri dell’Antico Testamento e anche taluni del Nuovo che riteneva interpolati da giudaizzanti. Forse contemporaneo di Marcione e come lui originario di Sinope fu il proselita giudeo Aquila, autore di una versione greca dell’Antico Testamento. Epifanio di Salamina riferisce di un suo accostamento alla Chiesa che non ebbe seguito per l’inconciliabilità tra la dottrina cristiana e l’astrologia di cui Aquila era cultore (De Mensuris, 14. 15). Pare che egli, espulso dalla comunità cristiana, si sia convertito al giudaismo e abbia composto la sua versione greca dell’Antico Testamento, con intenti anticristiani, volendo cioè soppiantare la precedente versione dei LXX alla quale i cristiani si riferivano perché più vicina al loro sentire. In data indeterminata a Sinope ebbe luogo il martirio di Foca, un giardiniere originario della città del quale il vescovo Asterio diAmasea scrisse il panegirico intorno al 400. Risulta che in questo tempo il culto del martire aveva varcato i confini del Ponto giungendo a Costantinopoli, a Roma, in Siria e in Sicilia. Asterio ricorda che Foca era venerato quale patrono dei marinai in pericolo, elemento questo non fortuito se si pensa che la città marittima di Sinope aveva particolare venerazione per i Dioscori, ritenuti essi pure patroni della gente di mare. Il martire Foca, rappresenta, allora, la versione cristiana dei due gemelli, dotato come loro degli stessi ambiti d’intervento e dello stesso potere.
Il martire Foca, rappresenta la versione cristiana della leggenda dei Dioscori. A parte queste informazioni su Foca, non conosciamo altro della Chiesa di Sinope se non i nomi di alcuni suoi vescovi. Il primo che ci viene ricordato è l’ariano Proeresio che prese parte al concilio di Gangra (340 ca.).Meritano di essere poi menzionati Zenone e Gregorio. Il primo, nel concilio del 712, si oppose pubblicamente all’imperatore Filippico Bardane che voleva imporre il monoteismo come la sola religione di stato. Tale opposizione costò a Zenone l’esilio. Dal canto suo, Gregorio partecipò a una rivolta contro l’imperatore Costantino VI che gli costò la condanna a morte (793). Per la storia di Sinope va ricordato il suo passaggio dalla signoria bizantina ai Turchi Selgiuchidi nel 1214. Nell’anno 1458 la città passò poi alla dinastia degli Osmanli. Il nome di Sinope è infine legato alla guerra di Crimea (1853-1856) che ebbe inizio proprio qui allorché alcune unità della marina russa assalirono una flottiglia turca e presero a bombardare anche la città.