Situata presso le falde del monte Dindimo e non distante dal fiume Sangario, la città di Pessinunte costituì un crocevia importante di strade che la legavano ad Ancira, a Dorileo, ad Archelais Colonia.
La sua fama era principalmente legata al culto della Magna Mater Cibele il cui idolo di pietra si riteneva fosse venuto dal cielo. Sede principale dei Galli Tolistobogi fu centro commerciale importante. Strabone ne parla come di un emporio di quanti abitano nella regione (Geografia, XII). Eppure la sua fama era principalmente legata al culto della Magna Mater Cibele il cui idolo di pietra si riteneva fosse venuto dal cielo. L’esistenza di un famoso santuario a Pessinunte giustifica l’interesse dei re di Pergamo che abbellirono città, tempio e portici di marmi bianchi (Strabone, Geografia, XII). Il carattere di città-santuario lascia intendere perché l’autorità fosse concentrata nelle mani dei sacerdoti della dea chiamati Galli. A costoro era demandato il culto tanto di Cibele che del suo giovane consorteAttis. Secondo il mito questi, costretto a castrarsi per impedire che appartenesse ad altri che a Cibele, finì poi ucciso da un cinghiale.
Durante le guerre puniche, il simulacro della dea fu trasferito a Roma per comando dei libri sibillini. Non è difficile ravvisare in questi due personaggi delle personificazioni del principio della fecondità. Cibele, venerata come signora della natura e protettrice del suo popolo, in Anatolia era pure venerata assieme adAttis, come custode delle tombe. Il loro culto comportava perciò la fede nell’immortalità. Esso, poi, nelle sue espressioni esterne s’esprimeva in stati estatici e nella insensibilità al dolore. A imitazione di Attis i sacerdoti di Cibele praticavano spontaneamente l’autocastrazione. In questo comportamento si può rav- visare un desiderio di assimilarsi ad Attis, ma pare altresì che il motivo principale fosse quello di possedere una castità assoluta, necessaria per celebrare certi riti con la purezza di un fanciullo o di una vergine.
Con il trasferimento dell’idolo di Cibele a Roma, Pessinunte vide un calo della sua prosperità Nel 205-204 a.C., durante le guerre puniche, il simulacro della dea fu trasferito a Roma per comando dei libri sibillini. Questo spostamento incrementò il culto consistente in digiuni e purificazioni, in banchetti rituali e in processioni. Ancora alla fine del IV secolo persisteva il rito purifìcatorio del taurobolio, consistente nello scendere in una fossa chiusa da una grata lasciandosi irrorare dal sangue di un toro che vi veniva sgozzato sopra. Con il trasferimento dell’idolo di Cibele a Roma, Pessinunte vide un calo della sua prosperità. Tuttavia non cessò l’afflusso di pellegrini al santuario della Grande Madre. Tra costoro va ricordato l’imperatore Giuliano l’Apostata che nell’anno 362, dopo il suo passaggio a Pessinunte, ravvivò il culto a Cibele e ad Attis nominandovi una somma sacerdotessa nella persona di Callixena (Lettera 21 di Giuliano) e assicurando ai cittadini di Pessinunte il suo appoggio purché prestassero alla dea il culto che nel frattempo doveva essere un poco scaduto (Lettera 49) [1].
Gregorio di Nazianzo ricorda che un cristiano ebbe 1’ardire d’abbattere l’altare della dea. Ancora nel 362 Giuliano tenne a Costantinopoli un discorso sulla Madre degli Dèi che costituisce un buon tentativo d’interpretare il mito di Cibele mediante il metodo allegorico [2]. La prima testimonianza d’una presenza cristiana a Pessinunte risale alla seconda metà del IV secolo. È Gregorio di Nazianzio a parlarci d’una sommossa cristiana contro il tempio di Cibele. Egli ricorda che in questa circostanza un cristiano ebbe 1’ardire d’abbattere l’altare della dea. Citato in giudizio egli vi comparve « come un trionfatore. Se ne infischiava della porpora imperiale e dei suoi discorsi ciarlataneschi e ridicoli (di Giuliano). Poi uscì a dire molto liberamente che aveva commesso ciò dopo una cena abbondante » (Oratio V, 40). Sotto Teodosio I (388-395) la Galazia fu divisa in due province e Pessinunte assurse al ruolo di metropoli e sede prefettizia della Galazia Seconda.Anche da un punto di vista ecclesiastico la spartizione della Galazia accrebbe l’importanza di questa città che nei primi anni del V secolo ebbe quale vescovo un certo Demetrio. Fu lui che nel sinodo della Quercia tenutosi per deporre Giovanni Crisostomo ne assunse le difese (402). Il vescovo Demetrio fu mandato dallo stesso Crisostomo a Roma per ottenere l’appoggio di papa Innocenzo e dovette pagare l’impegno per l’amico con l’esilio.
Il vescovo Demetrio fu mandato da Crisostomo a Roma per ottenere l’appoggio di papa Innocenzo ma dovette pagare l’impegno per l’amico con l’esilio Qualche decennio più tardi, tra i suoi successori figura Pio che al concilio di Efeso espresse il suo disaccordo per l’apertura delle sessioni voluta da Cirillo, nonostante l’assenza dei vescovi orientali guidati da Giovanni d’Antiochia (431). Al tempo dell’imperatore Maurizio (582-602) quale metropolita di Pessinunte compare Giorgio. La grave siccità verificatasi sotto il suo episcopato indusse i cittadini di Pessinunte a impetrare con insistenza il dono della pioggia. In questa circostanza essi invitarono alla preghiera Teodoro Siceota, vescovo di Anastasiopoli. Dalla vita di costui apprendiamo che la preghiera fu miracolosamente esaudita e veniamo altresì a conoscere l’esistenza d’una chiesa dedicata a santa Sofìa in città e una chiesa dei Santi Angeli fuori le mura. La storia cristiana di Pessinunte cessa per noi con il nome del suo vescovo Nicola che resse questa Chiesa nel tempo in cui il patriarca di Costantinopoli, Michele Celulario inasprì i rapporti con la Chiesa d’occidente sino a giungere al grande scisma occidentale del 1054.