Il suo nome (città santa) pare che in origine significasse la città del santuario (hieron), a motivo del luogo di culto dedicato alla Grande Madre e annesso ad una caverna, piena di vapori letali sprigionati dalle calde acque termali, che era considerata come l’ingresso al mondo sotterraneo [1].
II suo nome pare che in origine significasse la città del santuario, a motivo del luogo di culto dedicato alla Grande Madre e annesso a una caverna, che era considerata come l’ingresso al mondo sotterraneo Sembra che il primitivo insediamento, sviluppatosi attorno al suddetto santuario, abbia poi ricevuto lo stato giuridico di città da Antioco I, re di Siria (281-261a.C.). L’importanza di Gerapoli nell’antichità è da connettere tanto al suo notevole sviluppo industriale (lavorazione della porpora, tessiture…) che alle sue fonti termali. Non va inoltre dimenticato che la fortuna della città va ascritta anche alla sua vicinanza geografica a un centro di primaria importanza quale Efeso. Eppure questa prosperità fu più volte minata da terribili terremoti che la devastarono rispettivamente sotto gli imperi di Claudio, di Nerone, di Antonino Pio e di Alessandro Severo. Sulla vita intellettuale della città nulla ci è stato tramandato. Eppure Gerapoli poté contare tra i suoi figli il filosofo stoico Epitteto che qui nacque fra il 50 e il 60 d.C. Portato a Roma ancor giovane, fu schiavo di un liberto di Nerone che in seguito lo affrancò. Secondo il modello socratico, Epitteto non scrisse nulla, ma alcuni suoi detti vennero raccolti. L’esclusivo interesse per l’etica, un forte sentimento del legame tra Dio e l’uomo e un notevole afflato religioso caratterizzarono il suo pensiero [2]. In una città così industriosa non poteva mancare una nutrita presenza giudaica il cui ricordo ci è tramandato in alcune iscrizioni della necropoli.
La nascita della locale comunità cristiana sorse grazie allo zelo missionario del colossese Epafra, discepolo devoto e generoso di Paolo. La nascita della locale comunità cristiana sorse grazie allo zelo missionario del colossese Epafra, discepolo devoto e generoso di Paolo, che dovette essere il principale evangelizzatore della valle del Lico durante il soggiorno efesino dell’Apostolo (54-57 d.C.). Di lui Paolo scrive ai Colossesi: « Gli rendo testimonianza che si impegna a fondo per voi, come per quelli di Laodicea e di Gerapoli » (Col 4,13). Da Eusebio apprendiamo che qualche anno più tardi Gerapoli ospitò anche l’evangelista Filippo (forse l’apostolo?) e le sue quattro figlie dotate di carisma profetico e per questo grandemente onorate nella cerchia dei montanisti (Eusebio, H.E., III, 31; V, 24,2).
Se questo Filippo sia da identificare con l’apostolo o con uno dei sette diaconi (cfr. At 6,5) rimane ancora in discussione.Intorno al 130 emerge a Gerapoli la figura del vescovo Papia che scrisse una Esposizione dei detti del Signore, in cinque libri. Qualche anno più tardi Gerapoli ospitò anche l’evangelista Filippo (forse l’apostolo?) e le sue quattro figlie dotate di carisma profetico. Tale opera, della quale non possediamo che scarni frammenti, appare di grande importanza in quanto raccoglieva la tradizione orale dei discepoli degli apostoli. Come Papia scrive: « Se per caso veniva qualcuno che avesse seguito i presbiteri, volevo riconoscere le parole di essi. Che cosa disse Andrea o Pietro o Filippo o Tommaso o Giacomo o Giovanni o Matteo o qualsiasi altro dei discepoli del Signore »(Eusebio, H.E., III,39,4). La concezione di un regno millenario di Cristo dai tratti materializzati quale Papia presenta, indusse Eusebio a presentarlo come un uomo di intelligenza limitata (Eusebio, H.E., III, 39,13). Eppure l’amicizia di Papia con Policarpo di Smirne, il suo contatto con Giovanni e la stima che Ireneo, Origene, Vittorino di Pettau e Girolamo gli tributano, paiono esprimere il contrario. Primo o secondo successore di Papia nell’episcopato fu Claudio Apollinare vissuto al tempo dell’imperatore Marco Aurelio (161-180).
Intorno al 130 emerge a Gerapoli la figura del vescovo Papia che scrisse una Esposizione dei detti del Signore. Di lui non rimangono che alcuni titoli di opere che scrisse in relazione a problemi vitali per la Chiesa del suo tempo: un’opera sulla Pasqua [3], un’apologia all’imperatore, cinque libri contro i Greci, due libri intorno alla verità e due rivolti ai Giudei Scrisse inoltre sulla nuova profezia (montanismo) che proprio allora andava diffondendosi. Sotto la sua presidenza a Gerapoli si raccolse un sinodo di 26 vescovi per trattare il problema montanista e il cui risultato fu la condanna e l’espulsione dalla Chiesa di Montano, Massimilla e Teodoto. Dopo Apollinare, le notizie sulla comunità cristiana di Gerapoli si diradano. Ci viene però in aiuto l’archeologia. Nel 1883 venne scoperta un’importante epigrafe, il cui autore, di nome Abercio, fu presumibilmente vescovo di questa città e compose il testo dell’epigrafe all’età di 72 anni, verso la fine del II secolo. L’interesse per questa iscrizione è grande, trattandosi del più antico monumento lapidario che faccia menzione dell’Eucaristia [4].
Nel 1883 venne scoperta una importante epigrafe, il cui autore, di nome Abercio, fu presumibilmente vescovo di questa città: è il più antico monumento lapidario che faccia menzione dell’Eucaristia
Ci vengono ricordati i nomi di Ciriaco e Claudiano che vennero martirizzati in una delle persecuzioni anteriori a quella di Diocleziano.
È noto il nome di Flacco di Gerapoli presente tra i padri del concilio di Nicea (325). Siamo altresì informati che dal 553 al 680 Gerapoli ottenne il titolo di Chiesa metropolitana. A parte queste informazioni le tracce della comunità cristiana di Gerapoli, come di molte altre comunità dell’Asia Minore, si riducono sempre più sino a scomparire.