
A giudizio di Strabone essa costituiva assieme a Mazaca (in seguito detta Cesarea) l’unica città meritevole di questo nome nella regione della Cappadocia. La Tavola peutingeriana che rappresenta le vie dell’orbis terrarum e che risale al III secolo d.C., menziona una strada che da Iconio giungeva sino a Tiana.
La Tavola peutingeriana che rappresenta le vie dell’orbis terrarum e che risale al III secolo d.C., menziona una strada che da Iconio giungeva sino a Tiana. Sotto l’imperatore Caracalla (212-217) la città divenne colonia romana. Il suo nome è legato a quello di Apollonio, filosofo neopitagorico del I secolo d.C., morto sotto Nerone o Traiano. Stando alla biografia che Filostrato compose su invito di Giulia Domna, moglie dell’imperatore Settimio Severo (193-211),Apollonio rappresentò l’uomo saggio per eccellenza, dotato di grande umanità, di spirito di mortificazione e di santità. La profonda comunione con gli dèi gli permise di operare diversi prodigi. Secondo Filostrato, mentre si trovava in un tempio, Apollonio disparve e fu assunto in cielo [1]. La evidente somiglianza tra Cristo e Apollonio induce a ritenere che l’autore della biografia, Filostrato, abbia conosciuto e impiegato la sacra Scrittura, ma neppure un accenno si riscontra in rapporto a Cristo o al cristianesimo. Anche a prescindere dalla vita di Filostrato, è un fatto che i pagani consideraronoApollonio una specie di superuomo, o Cristo pagano e a lui vennero eretti anche dei templi.
Sull’esistenza certa di una comunità cristiana a Tiana siamo informati dalla presenza del suo vescovo Eupsichio al concilio di Nicea (325). Significativo che nel lararium dell’imperatore Alessandro Severo (222-255) tra gli dèi tutelari della casa, accanto adAbramo, Orfeo e Cristo, vi fosse pure Apollonio. Sappiamo altresì che l’imperatore Aureliano (270-275) risparmiò la città di Tiana dalla distruzione progettata per rispetto alla memoria di Apollonio. Nella polemica anticristiana del III e IV secolo, lo si contrapporrà a Cristo, mostrando che in fatto di prodigi Apollonio lo avrebbe persino superato [2]. Sull’esistenza certa di una comunità cristiana a Tiana siamo informati dalla presenza del suo vescovo Eupsichio al concilio di Nicea (325). Egli faceva parte dei sette vescovi cappadoci e degli almeno cinque corepiscopi che pure vi intervennero. Questa informazione sui corepiscopi (= vescovi della chòra, cioè della campagna), menzionati per la prima volta al concilio di Ancira 314, lascia intendere che i cristiani dovevano essere diffusi anche nelle campagne della Cappadocia, provincia peraltro poco popolata e povera di città. Questa diffusione del cristianesimo rende ragione della lamentela che l’imperatore Giuliano l’Apostata (362) fece presente al filosofo pagano Aristoxeno. In effetti l’imperatore, giunto a Tiana da Ancira, gli scrive: « Per Giove, dio della amicizia, vieni a trovarci a Tiana!Mostraci che tra i Cappadoci vi è un Greco (ovvero, un pagano) autentico. Fino a ora non ho incontrato che gente non disposta a sacrificare o un piccolo gruppo pronto a farlo ma che non sanno come » (Lettera 78). Non ci è trasmesso il nome del vescovo di Tiana sotto il quale ebbe luogo in questa città un concilio di molti vescovi omeusiani (366) provenienti dalla Cappadocia, dalla Siria e dalle regioni dell’Asia Minore. In questa circostanza costoro approvarono l’operato della delegazione omeusiana precedentemente inviata da papa Liberio e che era stata convinta a sottoscrivere l’homousios di Nicea (cfr. Sozomeno, VI,12). In questo sinodo di Tiana si stabilì anche l’indizione di un successivo concilio da tenersi a Tarso per ratificare la comunione con i vescovi d’Occidente. Ma questo concilio non ebbe mai luogo.
L’importanza della Chiesa di Tiana crebbe pochi anni più tardi sotto il vescovo Antimo Tiana quando divenne capitale della Cappadocia Seconda. L’importanza della Chiesa di Tiana crebbe pochi anni più tardi sotto il vescovo Antimo con il quale Basilio di Cesarea intrattenne rapporti cordiali. Quando però l’imperatore ariano Valente (364-378), per sottrarre potere a Basilio di Cesarea, divise la provincia civile della Cappadocia in due, Tiana divenne capitale della Cappadocia Seconda. Fu in questa circostanza che Antimo, sostenendo il parallelismo tra le suddivisioni civili e quelle ecclesiastiche, pretese di essere metropolita della nuova provincia. Questa situazione con quanto ne provenne alterò temporanea mente i rapporti del vescovo di Tiana con Basilio il quale tuttavia nella Lettera 120 parla nuovamente di lui in termini amichevoli. La serie dei vescovi di Tiana che conosciamo — pur con diversi vuoti— si conclude per noi con Giovanni nel 997. La conquista araba nei secoli VII ed VIII e quella successiva dei Selgiuchidi portarono al progressivo spopolamento di questa città ora oggetto di recenti scavi.
NOTE DI VIAGGIO
COME CI SI ARRIVA
Posto a sud di Niğde, questo piccolo villaggio si raggiunge andando dal capoluogo di provincia verso Bor. Proseguendo per questa strada, dopo soli 6 km si arriva alle rovine di Tiana.
Distanze:
da Aksaray km 75
da Bor km 6
da Niğde km 20
Provincia: Niğde
Aeroporto: Kayseri
LUOGHI E MONUMENTI INTERESSANTI
Resti dell’acquedotto romano visibili per lunghi tratti nella campagna (da Bahçeli a Kemerhisar).
Rovine di chiesa bizantina con il suo battistero.
La piscina romana, ancora ben conservata. Era il serbatoio d’acqua per la città.
NELLE VICINANZE
Niğde, costruita sul sito di una antica città hittita di nome Nakida, dove potrete visitare:
La Cittadella, ancora ben conservata nelle sue mura.
Diversi Mausolei di epoca selgiuchide.
Vi segnaliamo principalmente la Hüdavent hatun türbesi del 1312, su pianta ottogonale molto ben conservata.
Museo archeologico con buoni reperti e dove sono anche alcuni pezzi provenienti da Tiana.
** Eskigümüş. A 6 km da Niğde, deviando a destra dalla strada che porta a Kayseri, potrete ammirare questo monastero rupestre del X sec., che conserva una struttura quasi intatta, e nella sua chiesetta degli affreschi stupendi, ancora ben conservati.
FONTI STORICHE
CONTRAPPOSIZIONE DI APOLLONIO A CRISTO
Come mai il Cristo condotto sia davanti al sommo sacerdote sia davanti al governatore non ebbe a profferire parola non solo degna di un saggio, ma di un uomo divino? Avrebbe potuto indurre con qualche frase il giudice e quelli che erano vicino a essere migliori. Si lasciò battere, sputare in viso e coronare di spine. Perché non fece come Apollonio che dopo aver osato parlare con franchezza a Domiziano, disparve tutto d’un tratto dalla corte imperiale, e apparve a distanza di qualche ora, ma in modo inequivocabile a Dicearchia che ora si chiama Puteoli? Anche se avesse dovuto soffrire per volere di Dio e sopportare ogni pena, poteva pure non rendere dura la sua passione con qualche discorso elevato, con qualche parola saggia al cospetto del suo giudice Pilato, senza farsi insultare come una canaglia qualsiasi da trivio.
(Porfirio, Fram. 63, trad. di P. Marrucchi, Torino 1906)