La città è menzionata per la prima volta in occasione della guerra che oppose Antigono I, desideroso di riunire sotto di sé l’impero del defunto AlessandroMagno, con Seleuco I Nicatore, uno dei generali di quest’ultimo (301 a.C.).
La sua importanza economica va ascritta alle cave di pietra colorata, largamente impiegata nei monumenti romani. In un secondo momento il nome di Sinnada compare a proposito della spedizione di Manlio Vulsone contro i Galati (189 a.C.). Incorporata nella provincia di Asia (116 a.C.), la città per un certo tempo sembra appartenente alla provincia della Cilicia. È in questo periodo che Cicerone, governatore di questa provincia nel 51 a.C., la visitò e vi tenne tribunale. Durante l’impero Sinnada fu sede di uno dei distretti giuridici della provincia diAsia ed ebbe il titolo di metropoli e il neocorato. Nel suddividere ulteriormente la Frigia, Costantino elesse Sinnada quale centro amministrativo della Frigia Seconda o Salutare. La sua importanza economica come quella del vicino borgo di Docimium, va ascritta alle cave di pietra colorata (marmor synnadicum), largamente impiegata nei monumenti romani [1]. Pare sia stato l’imperatoreAdriano (117-138 d.C.) a sviluppare lo sfruttamento delle cave marmoree. Quando, però, esso venne meno, anche l’importanza di Sinnada prese a ridursi. Non vi è alcun dubbio che alcuni dei cristiani condannati alle miniere (ad metalla) a motivo della loro fede abbiano lavorato e siano morti qui. Nondimeno mancano testimonianze dirette di questa presenza. Siamo invece informati dell’esistenza d’una comunità cristiana nei primi anni del III secolo. Come riferisce Eusebio, i vescovi della Palestina, per giustificarsi con Demetrio di Alessandria, di aver lasciato predicare Origene nelle loro chiese —benché laico—addussero, tra l’altro, l’esempio del laico Teodoro, fatto predicare a Sinnada dal locale vescovo Attico.
Qui tra il 230 e il 235 ebbe luogo un importante concilio provocato dalla presenza montanista, assai forte nella zona. Ancora qui tra il 230 e il 235 ebbe luogo un importante concilio provocato dalla presenza montanista, assai forte nella zona. In questo sinodo come in quello pressocché contemporaneo tenutosi a Iconio, si stabilì di ribattezzare gli eretici che ritornavano alla Chiesa nonostante che il battesimo montanista non si differenziasse in nulla da quello della Chiesa cattolica. Il carattere di centro amministrativo della zona giustifica perché proprio a Sinnada, durante la persecuzione di Probo (276-282), fu condannato e giustiziato Trofìmo, cristiano originario di Antiochia. Nel 1907, nei pressi della città, è stato rinvenuto il suo sepolcro, un piccolo sarcofago di pietra, con il seguente ammonimento: « Chi disperderà queste ossa, sappia che dovrà vedersela con Dio ». Nei primi anni del IV secolo, la Chiesa di Sinnada appare retta da Agapeto, un ex soldato assai noto per il suo potere taumaturgico. Un secolo più tardi sarà Ciriaco a reggere questa comunità cristiana. A motivo della sua amicizia con Giovanni Crisostomo, mandato in esilio, ne seguì la sorte.
Nei primi anni del IV secolo, la Chiesa di Sinnada appare retta da Agapeto, un ex soldato assai noto per il suo potere taumaturgico. Tratto in arresto per l’incendio avvenuto nella chiesa di Santa Sofia, a Costantinopoli, fu poi cacciato dalla capitale e da Sinnada. Si recò a Roma per perorare la causa del deposto Giovanni Crisostomo presso papa Innocenzo. Questo suo interessamento gli fu causa di persecuzione e gli costò l’esilio a Palmira dove morì. A lui Giovanni Crisostomo scrisse 3 o 4 lettere che possediamo. Al tempo del patriarca di CostantinopoliAttico (406-425), a Sinnada si verifìcò un episodio riferitoci da Socrate, che merita di essere richiamato. A capo della Chiesa vi era allora Teodosio. « Egli perseguitava aspramente gli eretici della setta dei macedoniani che nella città erano in numero assai elevato. Li allontanava tanto dalla città che dalle campagne. Eppure compiva ciò non secondo il costume della Chiesa che non suole perseguitare e neppure spintovi dall’ardore per la vera fede. Vinto, piuttosto, dall’avarizia, cercava di spillare denaro dagli eretici.Macchinò di tutto contro quanti seguivano la setta macedoniana ponendo in armi persino i suoi chierici… Soprattutto provocò molte noie al loro vescovo, di nome Agapeto. Poiché gli sembrava che i governatori delle province non bastassero affatto a punire gli eretici, si recò a Costantinopoli per sollecitare delle leggi repressive.Attardandosi però a Costantinopoli per questa ragione, Agapeto che era a capo della setta macedoniana, prese una saggia decisione. Accordatasi con tutto il clero e con il popolo da lui dipendente che aveva invitato alla predicazione, persuase tutti ad accettare la fede nel consustanziale.
Teodosio vescovo, vinto piuttosto, dall’avarizia, cercava di spillare denaro dagli eretici. Contro di loro pose in armi persino i suoi chierici… Fatto ciò, immediatamente si recò alla chiesa con una ingente moltitudine, anzi con tutto il popolo. E dopo aver pregato, occupò la cattedra sulla quale era solito sedersi Teodosio. Dopo aver adunato il popolo e aver predicato la fede nel consustanziale, entrò in pieno possesso delle Chiese appartenenti all’episcopato di Sinnada. Non molto tempo dopo questi eventi, ecco che Teodosio tornò portandosi appresso l’aiuto sollecitato dalla prefettura. Ignaro di quanto era accaduto si recò subito alla Chiesa, ma cacciato da tutto il popolo, dovette tornarsene a Costantinopoli. Qui, dinanzi al vescovo Attico, si lamentò della sua situazione e del fatto di essere stato ingiustamente rimosso dall’episcopato. Dal canto suo, Attico, considerando l’utilità della Chiesa, consolò Teodosio invitandolo ad abbracciare con animo paziente un genere di vita tranquillo e anteponendo alle ragioni private il bene comune. Scrisse poi ad Agapeto di ritenere pure l’episcopato e di non temere nessuna ritorsione per l’offesa arrecata a Teodosio » (H.E., VII,3). L’elenco dei vescovi di Sinnada si spinge sino al 1450, segno che questa Chiesa—nonostante le diverse invasioni e gli alterni passaggi di potere— era riuscita a mantenersi viva.