Sulle rovine d’una precedente città Antigono fece costruire una città cui diede il nome della propria moglie Antigoneia (316 a.C.).
Questa città, amava definirsi città d’oro e Strabone la qualifica come metropoli della Bitinia. Caduta nelle mani di Lisimaco, Antigoneia fu ribattezzata come Nicea, prendendo il nome dalla moglie di Lisimaco, Nike. Da quel momento e sino alla fondazione di Nicomedia (264 a.C.) Nicea fu capitale della Bitinia. Questa città, che amava definirsi città d’oro e che Strabone qualifica come metropoli della Bitinia, era circondata da possenti mura di cinta. Segno del suo splendore è quel che rimane del suo teatro la cui costruzione risale al 111- 112, tempo nel quale Plinio il Giovane vi risiedette in qualità di procuratore della Bitinia. Scossa da violenti terremoti nel II e III secolo, la città fu ricostruita per l’appoggio dell’imperatore. Gravi danni ebbe a subire a causa delleincursioni di Goti e Persiani che ebbero luogo sotto l’impero di Valeriano (252-260). Se il nome di Nicea appare di un certo rilievo nelle vicende politiche (si ricordi, a esempio, che in essa Valentiniano venne acclamato imperatore dalle sue truppe), ben più importante è il ruolo che essa ebbe nella storia del cristianesimo.
La tradizione vuole che suo primo evangelizzatore sia stato l’apostolo Andrea. La tradizione vuole che suo primo evangelizzatore sia stato l’apostoloAndrea il quale pose Callisto a capo della comunità cristiana. In effetti, prima del 325 e fatta eccezione per Nicomedia, di nessuna comunità cristiana della Bitinia possediamo notizie precise. La ragione di questo silenzio va ricercata nel fatto che la Chiesa della Bitinia non ebbe alcun vescovo o scrittore eminente. Ep- pure il cristianesimo dovette esservi ampiamente diffuso anche nelle campagne secondo la testimonianza fornita da Plinio nella lettera da lui indirizzata all’imperatore Traiano nella quale, tra l’altro, ricorda che « non soltanto le città ma anche i villaggi e le campagne sono invase da questa superstizione (= cristianesimo) » (Lettera 96). Nicea viene alla ribalta nell’estate del 325 allorché in essa si tenne il primo concilio ecumenico indetto dall’imperatore Costantino. Causa di questo concilio fu una disputa teologica sorta per opera di Ario, presbitero della Chiesa d’Alessandria d’Egitto. Nucleo del suo insegnamento era la negazione della divinità di Cristo. Ritenendolo creato prima del tempo e inferiore al Padre, Ario ne faceva un dio di secondo rango. Le sedute del sinodo si tennero nel palazzo imperiale e a esse intervennero circa 300 vescovi. Costantino stesso iniziò i lavori del sinodo il 23 maggio, invitando i partecipanti a ricercare la concordia e la pace (Eusebio, Vita di Costantino, 3, 13). Nel corso del concilio Ario, avvalendosi del sostegno di 17 vescovi, difese la propria dottrina ma senza successo. Il suo insegnamento fu condannato ed egli stesso, assieme a due vescovi egiziani e ad altri due suoi accesi e importanti sostenitori, Eusebio di Nicomedia e Teognide di Nicea, venne deposto e mandato in esilio.
A Nicea nel 325 si tenne il primo concilio ecumenico indetto dall’imperatore Costantino Dopo consultazioni, contrasti e compromessi il sinodo giunse alla stesura di una formula di fede che costituisce uno sviluppo del Credo Apostolico. Per quanto concerne la fede in Cristo, il dettato del concilio è il seguente: « Credo nel Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, unico generato dall’essenza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre » [1]. Oltreché alla disputa dottrinale prodotta daArio, il sinodo s’interessò anche della data della Pasqua (questione quartodecimana), d’uno scisma sorto in Egitto per opera di Melezio e giunse alla formulazione di venti nuove leggi ecclesiastiche promosse per dare orientamento comune alla prassi ecclesiastica allora vigente (disciplina penitenziale, riammissione degli eretici, scelta dei vescovi, loro spostamento di sede…). Importante risulta il canone 6 che ri
Tra contrasti e compromessi il sinodo giunse a una formula di fede che costituisce uno sviluppo del Credo Apostolico. conosce ad Alessandria, a Roma e ad Antiochia il titolo e i diritti di Chiese patriarcali. Inutile dire che il concilio rappresentò per Costantino una vittoria anche politica. Egli confermò i decreti del sinodo e li dichiarò leggi statali. La storia successiva della Chiesa di Nicea è legata alle vicende della crisi ariana che non ebbe termine con il concilio. Sappiamo che Teognide, amico diArio e di Eusebio, dopo tre anni d’esilio (328) riottenne il seggio episcopale di Nicea. Gli successe Eugenio ed Ipazio, entrambi filoariani. Quest’ultimo venne però deposto da Teodosio il Grande che pose al suo posto l’ortodosso Doroteo (380-381). A parte le informazioni sulla serie dei vescovi, Nicea ritorna in piena luce allorché in essa— e propriamente nella Chiesa della Santa Sofia ancor esistente — si tennero le sedute del settimo concilio ecumenico (787).
Il canone 6 che riconosce ad Alessandria, a Roma e ad Antiochia il titolo e i diritti di Chiese patriarcali Origine di questo sinodo fu la questione iconoclasta. Dal 726 gli imperatori bizantini Leone III e Costantino V Copronimo avevano proscritto il culto delle immagini, favorendone la loro distruzione. L’avvento al trono di Irene II (780), mutò la situazione. Avvalendosi dell’appoggio del patriarca Tarasio, ella convocò un sinodo a Nicea per risolvere la crisi in corso sulla quale gravava, non da ultimo, l’influenza del mondo arabo, contrario a ogni raffigurazione [2]. La lettera che il vescovo di Roma,Adriano I, aveva indirizzate al concilio a favore del culto delle immagini fu sottoscritta dai circa 335 vescovi presenti i quali s’occuparono pure di problemi inerenti alla disciplina ecclesiastica.
Dei venti canoni prodotti da questo concilio, merita d’essere ricordato il terzo di essi: « Ogni nomina di un vescovo, prete o diacono che è fatta da un principe secolare è da ritenersi invalida ».A Nicea si tennero le sedute del settimo concilio ecumenico. Origine di questo sinodo fu la questione iconoclasta. Per la storia della Chiesa, Nicea riveste ancora un notevole interesse allorché Teodoro I Lascaris nel XIII secolo la eresse a capitale del suo regno.