Nel nome dell’odierna Niksar si cela l’antico appellativo di Neocesarea con il quale questa città era conosciuta nell’antichità. Il primo autore che la menziona così fu Plinio il Vecchio (23/24-79 d.C.) nella Storia Naturale (VI,3).
Lo scrittore pagano Luciano di Samosata scrive addirittura che: « tutto il paese è pieno di atei e di cristiani » In antecedenza la città era nota come Cabeira-Diospolis. Sotto i Mitridati (III-I sec. a.C.), essa fu una delle residenze regali e possedette un famoso santuario dedicato a Men, dio frigio venerato in tutta la Cappadocia. Nel 36 a. C. Antonio donò la città e la zona orientale del Ponto a Polemone I, figlio di Zenone, ricco retore di Laodicea. Un centinaio di anni più tardi (64 d.C.), però, questo territorio fu annesso all’impero romano e l’antica città reale di Neocesarea venne scelta quale metropoli del Ponto detto Polemaico. Pare che in essa il cristianesimo sia giunto prestissimo. Lo scrittore pagano Luciano di Samosata (120-190 d.C. ca.), attesta la nutrita presenza di cristiani nel Ponto rilevando addirittura che: « tutto il paese è pieno di atei e di cristiani » (Alessandro 25, 38). Accanto a questa generica informazione, è Gregorio di Nissa che nello scrivere la Vita di Gregorio il Taumaturgo ci informa sulla cristianizzazione del Ponto Polemaico e, più specificatamente, di Neocesarea. Dalla biografia del Nisseno come da altre fonti, apprendiamo che Gregorio detto il Taumaturgo, nacque a Cesarea verso il 213 da genitori pagani.
Alla morte di san Gregorio il Taumaturgo sembra che la conversione al cristianesimo della città e della campagna sia stata quasi totale. Inviato con il fratello Atenodoro a studiare diritto prima ad Atene e poi a Beirut, entrò in contatto con Origene (231-233) che, espulso dall’Egitto, s’era allora trasferito a Cesarea di Palestina aprendovi una scuola catechetica. Gregorio, ormai convertitosi al cristianesimo, per cinque anni fu tra i discepoli di Origene e prima d’abbandonare la scuola pronunciò il panegirico del maestro, mettendone in rilievo qualità pedagogiche e intelligenza. Intorno al 239 Gregorio tornò in patria e dal vescovo Fedimo, metropolita di Amasea, fu consacrato vescovo di Neocesarea. Anche il fratello Atenodoro venne chiamato a reggere una comunità sconosciuta del Ponto. In quel tempo, nella città e nei dintorni non vi sarebbero stati che 17 cristiani soltanto. Eppure alla morte di san Gregorio il Taumaturgo (prima del 270) sembra che la conversione al cristianesimo della città e della campagna sia stata quasi totale. Il motivo di tale successo pare sia da ascriversi al metodo missionario di Gregorio che, consapevolmente, superò la separazione radicale dell’ambiente circostante avvicinando concezioni cristiane ad altre pagane e cristianizzando feste pagane. Nei primi tre secoli Gregorio pare l’unico missionario che abbia usato questa strategia lasciando che il culto dei martiri con gioconda solennità subentrasse ai vecchi culti locali.
Gregorio pare l’unico missionario che abbia usato il culto dei martiri con gioconda solennità subentrando ai vecchi culti locali. Aquesto proposito, di grande valore è la testimonianza lasciataci da Gregorio di Nissa il quale, dopo aver ricordato come Gregorio il Taumaturgo nella persecuzione di Decio (249-251) s’era nascosto e aveva consigliato i cristiani a farlo, « finita la persecuzione… ritornò in città e percorrendo tutto il paese circonvicino, ravvivò in tutte le chiese lo zelo religioso istituendo una festa in commemorazione di coloro che avevano combattuto per la fede. Si portavano in giro i corpi dei martiri, e alla fine dell’anno si raccoglievano tutti insieme ed esultavano, solennizzando la festa in onore dei martiri… Egli vide che il diletto sensibile era ciò che teneva attaccata ai falsi idoli la moltitudine ignorante e inesperta delle cose divine e per questo, volendo ottenere l’essenziale, — che cioè gli uomini si staccassero dalla vana religione e si volgessero al vero Dio — permise alla gente di far festa e di darsi buon tempo per la commemorazione dei santi martiri, persuaso che col tempo, per frutto della fede, la vita sarebbe naturalmente divenuta più seria e più severa » (Vita di Gregorio: PG 46, 953 ss.). Come sappiamo, l’effetto di questo metodo missionario — espressione d’un cristianesimo ellenistico aperto—oltreché per la santità di Gregorio, ottenne l’effetto di convertire al cristianesimo Neocesarea e tutta la zona del Ponto.
A Neocesarea si svolse un importante sinodo di 17 vescovi. I canoni in esso formulati entrarono ben presto nelle raccolte giuridiche della Chiesa d’Oriente. Qualche anno più tardi, tra il 314 e il 319, a Neocesarea si svolse un importante sinodo di 17 vescovi. I canoni in esso formulati entrarono ben presto nelle raccolte giuridiche della Chiesa d’Oriente. Da essi si ricavano preziose indicazioni sulla dottrina morale e sulla struttura ecclesiastica del tempo: proibizione ai sacerdoti di sposarsi (can. 1); divieto di ordinare sacerdoti prima dei trent’anni (can. 11) come pure di ordinare chi avesse ricevuto il battesimo durante una malattia e quindi fosse stato carente della preparazione catechetica (can. 12); limitazione dei poteri dei vescovi di campagna e loro subordinazione a quelli delle città (can. 13 e 14); regolamento dell’istruzione catecumenale, ecc. [1]. L’accresciuta importanza di Neocesarea — espressa attraverso questo sinodo — trova ulteriore conferma nelle liste ecclesiastiche del Ponto Polemaico che pongono sempre al primo posto questa città, sede in epoca successiva pure d’un vescovo armeno.