La città di Iconio era posta presso la grande strada che collegava la Siria con Efeso e Roma.
La città conobbe la sua più grande prosperità soprattutto nell’epoca tardo romana e bizantina
A Iconio dimorava una numerosa e combattiva diaspora giudaica. Una parte di essa reagì in modo violento alla predicazione di Paolo e di Barnaba. Ciò la rese un vasto centro commerciale, mentre la fertile campagna circostante la faceva pure un importante centro agricolo, rinomato per il suo grano e la frutta [1]. Da ciò il vecchio proverbio: « Vedi pure tutto il
mondo, ma vedi Iconio ». La città conobbe la sua più grande prosperità soprattutto nell’epoca tardo romana e bizantina. Sebbene fosse la capitale della Licaonia, i suoi abitanti si consideravano etnicamente frigi e in effetti usavano il dialetto frigio. È l’opinione che troviamo espressa dagli Atti (14,6).
Nel III secolo a.C. Iconio fu sotto il dominio dei Seleucidi di Siria, che le fecero subire un largo processo di ellenizzazione. Dopo alterne vicende la città nel 25 a.C., fu definitivamente incorporata alla provincia romana della Galazia. Sotto Claudio assunse il nome di Claudiconium e tra il 130 e il 138 divenne colonia romana prendendo dall’imperatore Adriano il nome di Colonia Helia Hadriana Augusta Iconiensium.
A Iconio dimorava una numerosa e combattiva diaspora giudaica. Una parte di essa reagì in modo violento alla predicazione di Paolo e di Barnaba, quando questi giunsero a Iconio verso il 47 d.C., e, non contenti di essere riusciti con le loro mene e i loro progetti di lapidazione a farli fuggire, li inseguirono fino a Listra, distante oltre 160 km dalla loro città.
Ma ascoltiamo dagli Atti il lavoro missionario qui svolto dai due Apostoli: «Anche a Iconio essi entrarono nella sinagoga dei Giudei e vi parlarono in modo tale che un gran numero di Giudei e di Greci divennero credenti. Ma quando ci fu un tentativo dei pagani e dei Giudei con i loro capi per maltrattarli e lapidarli, essi se ne accorsero e fuggirono nelle città della Licaonia, Listra e Derbe e nei dintorni Ma i Giudei rimasti increduli eccitarono e inasprirono
gli animi dei pagani contro i fratelli.Rimasero tuttavia colà per un certo tempo e parlavano fiduciosi nel Signore, che rendeva testimonianza alla predicazione della sua grazia e concedeva che per mano loro si operassero segni e prodigi.
E la popolazione della città si divise, schierandosi gli uni dalla parte dei Giudei, gli altri dalla parte degli apostol Ma quando ci fu un tentativo dei pagani e dei Giudei con i loro capi per maltrattarli e lapidarli, essi se ne accorsero e fuggirono nelle città della Licaonia, Listra e Derbe e nei dintorni, e là continuavano a predicare il Vangelo » (14,1-7). Sappiamo che Paolo ritornò a Iconio poco dopo il rientro dal suo primo viaggio apostolico (At 14,21) e che vi ripassò verso il 50 d.C., all’inizio del secondo (At 16,4).i.
Dopo le informazioni forniteci dagli Atti degli Apostoli sulla diffusione del cristianesimo a Iconio, possediamo altre notizie sulla base degli atti apocrifi di Paolo e di Tecla. Il presbitero che li compose tra il 185 e il 195 e che per questa ragione fu deposto, colloca la nascita di Tecla a Iconio. Possediamo altre notizie sulla base degli atti apocrifi di Paolo e di Tecla. Il presbitero che li compose tra il 185 e il 195 e che per questa ragione fu deposto, colloca la nascita di Tecla a Iconio
Qui essa venne convertita da Paolo e messa a morte per la fede cristiana da lei apertamente professata. Salvata miracolosamente alla morte, fuggì da Iconio per poi ritornarvi come annunciatrice della parola di Dio. È difficile sceverare dal favoloso la verità che gli Atti di Paolo e di Tecla posseggono. Come nucleo storico rimane verosimilmente la consistenza reale della figura di Tecla, la sua discepolanza paolina e una sua attività missionaria. A giudizio di W. Schneemelcher pare che l’autore degli Atti in questione abbia rielaborato e introdotto in essi delle tradizioni su Tecla autonome e preesistenti.
In connessione con il cristianesimo, il nome di Iconio ricorre negl iAtti autentici di Giustino, martirizzato a Roma sottoMarco Aurelio tra il 163 e il 167. Tra i cristiani che subirono il martirio con lui figura anche un certo Ierace il quale, al prefetto Rustico che gli chiedeva dove fossero i suoi genitori, rispose: « Nostro padre è Cristo e madre la fede in lui: ma i miei genitori terreni sono morti e io, tolto da Iconio di Frigia, sono qui venuto ». Oggetto primario di discussione era la validità o meno del battesimo conferito dagli eretici, soprattutto dai montanisti
Se si eccettuano i due primi vescovi e martiri della città, Terenzio e Caronoto, dei quali non si conosce che il nome, la comunità cristiana di Iconio torna alla ribalta a causa di un concilio ivi tenutosi nel 230-235.Aesso—secondo la testimonianza di Firmiliano di Cesarea di Cappadocia che vi partecipò—presero parte moltissimi vescovi (Epistola 75,19 a Cipriano di Cartagine) dalla Frigia, dalla Galazia, dalla Cilicia e dalle regioni vicine (Ivi, 7). Oggetto primario di discussione era la validità o meno del battesimo conferito dagli eretici, soprattutto dai montanisti.
Come Firmiliano dichiara: « Abbiamo trattato la questione con molta diligenza e abbiamo confermato che si deve assolutamente rigettare ogni battesimo che si celebri fuori della Chiesa » (Ivi, 19). Non conosciamo il nome del vescovo di Iconio che prese parte a questo sinodo tenutosi in città. Si tratta forse di Celso? È certo che costui, vescovo intorno a quegli anni, — secondo la notizia tramandataci da Eusebio (cfr. H.E., VI,19,18) — invitò il laico Paolino a predicare nella Chiesa di Iconio. Nei decenni successivi tra i cristiani illustri originari di Iconio e a noi noti, figura il monaco Caritone, confessore della fede sotto Aureliano Quale successore di Celso conosciamo Nicoma, uno dei vescovi più distinti (Eusebio, H.E., VII, 28,1). Assieme a Firmiliano di Cesarea e a Gregorio il Taumaturgo, egli prese parte a un sinodo tenutosi ad Antiochia sull’Oronte (264) per condannarvi per immoralità ed eresia (monarchianesimo) Paolo di Samosata, vescovo della città. Nei decenni successivi tra i cristiani illustri originari d’Iconio e a noi noti, figura il monaco Caritone, confessore della fede sotto Aureliano (270-275). Recatosi in pellegrinaggio in Palestina, vi fondò diverse laure monasticheCondusse una vita di intensa ascesi. Ciò rende ragione di una biografia anonima (metà del VI secolo) fondata su tradizioni orali che attesta la fama e il culto successivo di questo monaco (cfr. PG 115, 900-917).. Ancora originari di Iconio sembrano essere la martire Giulitta e il figlio Quirico. Assai noto fu invece il suo successore: il vescovo Anfilochio. Scappati dalla città natale per sottrarsi alla persecuzio
ne di Massimino Daia (313 ca.), furono arrestati a Tarso e qui uccisi. Il loro culto trovò notevole diffusione ovunque. E ciò costituisce una garanzia dell’autenticità storica del loro martirio, nonostante le numerose leggende che crebbero attorno alla loro figura e alla loro morte. Nella serie dei vescovi che nel IV secolo ressero la comunità cristiana figura Pietro, presente al sinodo di Ancira del 314. A lui fece seguito Eulalio che compare tra i padri del concilio di Nicea (325). Anche del vescovo Faustino morto nel 373 ca. — come per i suoi predecessori— non si conosce che il solo nome. Imparentato com’era con Gregorio di Nazianzo, Anfilochio venne da questi messo in contatto con Basilio di Cesarea Assai noto fu invece il suo successore: Anfilochio. Nato intorno al 340-345 nella cittadina di Diocesarea-Nazianzo in Cappadocia, seguendo la professione del padre, prese a studiare retorica. Come già Giovanni Crisostomo e Teodoro di Mopsuestia, adAntiochia sull’Oronte fu alunno del retore e sofista greco Libanio († 393 o 404). Terminati gli studi esercitò la professione di retore a Costantinopoli. Imparentato com’era con Gregorio di Nazianzo venne da questi messo in contatto con Basilio di Cesarea che nel 373-374 lo volle vescovo di Iconio [2]. Da allora la collaborazione diAnfilochio con Basilio e Gregorio di Nazianzo—veicolata anche da ragioni di politica ecclesiastica di antagonismo antiariano — divenne sempre più stretta. Da parte sua Anfilochio, dotato di notevoli capacità politiche e pastorali, risultò essere il più valido fra i luogotenenti di Basilio. Da parte sua Anfilochio, dotato di notevoli capacità politiche e pastorali, risultò essere il più valido fra i luogotenenti di Basilio (Simonetti). Il concilio locale tenutosi a Iconio nel 376 e presieduto da Anfilochio ne è conferma. In esso — come risulta dalla lettera sinodica (cfr. PG 39,93-98)—Anfilochio, sia da un punto di vista trinitario che pneumatologico, propose una teologia perfettamente basiliana, prendendo altresì posizione contro ariani e pneumatomachi. Cinque anni dopo il sinodo di Iconio, intervenne al concilio convocato a Costantinopoli (381) dove figura tra i vescovi più in vista. Poco dopo (383 ca.) fu ancora lui a presiedere il sinodo di Side convocato per trattare la questione dei messaliani, questo gruppo di asceti portati ad esasperare le loro scelte di vita.
La fama di Anfilochio non cessò neppure con la morte, sopraggiunta tra il 398 e il 404. Se è fallito il tentativo di farne il quarto grande cappadoce (del resto è assai scarsa la sua produzione letteraria pervenutaci), è però vero che egli agli occhi dei posteri appare come il Famosissimo (Teodoreto, H.E., IV,11), illustre per santità di vita e per dottrina (Martyrologium romanum, d. XXIII novembris). Nel 1081 Iconio, cadde in possesso dei Turchi selgiūchidi che la costituirono capitale del sultanato di Rūm. La serie dei vescovi a noi noti che seguirono ad Anfilochio continua sino al termine del VII secolo e termina con Elia (692). Ripetutamente saccheggiata dagli Arabi, Iconio tra il 1072 e il 1081 cadde in possesso dei Turchi selgiūhidi che la costituirono capitale del sultanato di Rūm. Fu questa l’epoca d’oro della città. Del suo passato cristiano non è rimasto quasi nulla. Soltanto a 10 km di distanza dalla città è ancora possibile ammirare, a Sille, un’antica chiesa bizantina e resti di altre chiese rupestri.