Chiamata originariamente Mazaca, questa città sembra fondata dai re della Cappadocia come loro capitale. Sotto Ariarate V (163-130 a.C.) ottenne costituzione greca e il nuovo nome di Eusebia sotto l’Argeo. Da Archelao tale nome nel 12-9 a.C. fu mutato in Cesarea.
Ridotta nel 17 d.C. in provincia romana, Cesarea divenne la capitale della Cappadocia e sede d’una zecca imperiale. Ridotta nel 17 d.C. in provincia romana, Cesarea assurse a capitale della Cappadocia e sede d’una zecca imperiale.
Se si eccettua il nome e un ipogeo romano, dell’antica città non rimane nulla. Del resto, il nucleo dell’odierna città non si trova sul posto dell’antica Cesarea ma nel luogo in cui il vescovo Basilio nel IV secolo eresse un convento. Presumibilmente già in epoca apostolica esistevano dei cristiani a Cesarea (cfr. 1Pt 1,1). Pare che prima di Marco Aurelio (161- 180) la città fosse sede episcopale, anche se i nomi dei primi vescovi sono fittizi. Il primo vescovo a noi noto come vescovo di Cappadocia (cfr. Eusebio, H.E., VI,11,1-2) è Alessandro. Recatosi in pellegrinaggio a Gerusalemme, dai fedeli di questa comunità cristiana e dal suo vescovo fu indotto a fermarvisi, condividendo il ministero episcopale con l’ormai anziano Narciso. Nella storia della Chiesa è questo il primo esempio di un vescovo ausiliare.Amico di Panteno e di Clemente, che gli dedicò un’opera: il Canone ecclesiastico (cfr. Eusebio, H.E., VI, 13,3), attraverso costoro Alessandro entrò in contatto con Origene. Fu ancora lui che invitò quest’ultimo a predicare, benché fosse ancora laico. In tempo successivo egli ordinò sacerdote Origene provocando le irate proteste del vescovo di questi, Demetrio d’Alessandria. Nella sua città di Gerusalemme Alessandro eresse una biblioteca cristiana (cfr. Eusebio, H.E., VI,20,1). Di lui Origene ebbe a dichiarare: « Ci supera tutti nella grazia e nella dolcezza » (Hom. in Samuele).
Morì in carcere a Cesarea di Palestina, sotto l’imperatore Decio (250). Il vescovo Alessandro entrò in contatto con Origene, e lo invitò a predicare, benché fosse ancora laico. Più tardi lo ordinò sacerdote Negli anni tra il 230 e il 268 a guida della Chiesa di Cesarea compare Firmiliano. Amico e ammiratore di Origene, nel 232 o 233 lo invitò a predicare nella sua Chiesa. Durante la persecuzione che colpì i cristiani di Cappadocia, sotto l’imperatore Massimino Trace (235), Firmiliano riparò momentaneamente in Palestina fermandosi presso Origene (Eusebio, H.E., VI,27). Sappiamo che egli trattenne rapporti epistolari anche con Cipriano di Cartagine. Nella corrispondenza di quest’ultimo ci è anzi conservata, in traduzione latina, una lettera di Firmiliano (Epistola 75).
In essa il vescovo di Cesarea dichiara di condividere l’opinione di Cipriano e dei vescovi africani circa l’invalidità del battesimo conferito dagli eretici, e attacca ferocemente Stefano, vescovo di Roma, presentandolo privo di umanità (Epistola 75,2), audace insolente (Epistola 75,3), mosso da evidente follia, proprio lui « che tanto si vanta della sua sede episcopale e sostiene di possedere la successione di Pietro, sul quale furono stabilite le fondamenta della Chiesa » (Epistola 75,17). Veniamo a conoscere l’esistenza di assemblee annuali, nelle quali « preti e vescovi ci riuniamo a deliberare su quanto è stato a noi affidato ». Questa lettera ci permette di gettare uno sguardo nella storia del cristianesimo in Cappadocia nel III secolo. Veniamo a conoscere l’esistenza di assemblee annuali, nelle quali « preti e vescovi ci riuniamo a deliberare su quanto è stato a noi affidato » (Epistola 75,4); siamo messi al corrente delle eresie che imperversano nella regione e, soprattutto, del montanismo e di un sinodo tenuto dai vescovi di Iconio (230-235) per dirimere il problema insorto dal battesimo e dagli altri sacramenti amministrati e celebrati dagli eretici.
A questo proposito Firmiliano cita un fatto accaduto sotto Massimino Trace (235-238). Durante la persecuzione scoppiata a causa dei moltissimi e gravi terremoti che avevano devastato la Cappadocia, e per i quali si reputavano colpevoli i cristiani, apparve una donna che si presentava come ispirata dallo Spirito Santo. Essa ingannò un presbitero, un diacono e diversi fedeli. « Fra l’altro » scrive Firmiliano « osò spesso fare anche questo: finse cioè di consacrare il pane con le sante parole e di fare l’Eucaristia offrendo a Dio il sacrificio con l’ordinaria formula di rito. Anni più tardi ritroviamo Firmiliano a un primo sinodo, riunitosi ad Antiochia, per giudicarvi il vescovo della città, Paolo di Samosata. Questa donna battezzò anche molti, usurpando le parole che di solito si usano nell’interrogazione; non sembrava per nulla allontanarsi dalle regole della Chiesa » (Epistola 75,10). Era valido questo battesimo conferito dal demonio, dal momento che la donna risultò poi essere indemoniata? Come sappiamo, Firmiliano e i vescovi riuniti a Iconio – contro il parere di papa Stefano – si pronunciarono negativamente (cfr. Epistola 75,19). Anni più tardi ritroviamo Firmiliano a un primo sinodo, riunitosi ad Antiochia, per giudicarvi il vescovo della città, Paolo di SamosataAl secondo sinodo, convocato poco dopo per riconsiderare le accuse di eresia e d’immortalità mosse contro quest’ultimo, Firmiliano non poté partecipare. La morte lo colse mentre era in viaggio (268 ca.). Dei numerosi martiri di Cesarea non possiamo menzionarne che alcuni soltanto: Giacinto, sotto Traiano (98-117), la vedova Giulitta (304), il centurione Gordio (314), Mammas e molti altri. Sulla tomba del pastore e martire Mammas, famoso per il suo potere taumaturgico, fu eretta una basilica, i cui resti sono venuti alla luce nel villaggio di Mamasios. Al suo ampliamento contribuirono i nipoti di Costantino, Gallo e Giuliano (il futuro Apostata).
Inviati a Cesarea dall’imperatore Costanzo che voleva isolarli, essi approfondirono i loro studi e – secondo la notizia di Sozomeno – vennero ascritti tra il clero, sembra come lettori (Sozomeno, H.E., V, 2). Sulla tomba del pastore e martire Mammas, famoso per il suo potere taumaturgico, fu eretta una basilica, i cui resti sono venuti alla luce nel villaggio di Mamasios. Sotto l’impero di Giuliano (361-363), trovò la morte anche il nobile Eupsichio, accusato assieme ad altri cristiani di aver distrutto il tempio dedicato al Genio pubblico (cfr. Sozomeno, H.E., V,11). In questa circostanza l’imperatore Giuliano privò la città della qualifica di Cesarea e la cancellò dall’albo delle città, benché fosse grande e ricca.
Il motivo di tali severi provvedimenti è così narrato da Sozomeno: « Egli (l’imperatore), infatti, già in antecedenza aveva perseguitato con grandissimo odio gli abitanti di questa città per il fatto che quasi tutti erano cristiani e tempo addietro avevano distrutto due templi là costruiti: quello di Giove, protettore della città, e quello diApollo. Quando poi venne messo al corrente che i cristiani, sotto il suo impero, avevano distrutto il tempio del Genio pubblico, l’unico che ancora restava, fu preso da grandissima ira nei confronti dell’intera città » (Sozomeno, H.E., V, 4). Tornando alla serie dei vescovi di Cesarea, ci imbattiamo agli inizi del IV secolo in Leonzio che in quegli anni consacrò vescovo dell’Armenia Gregorio l’Illuminatore. Cesarea divenne così, assieme a Edessa, la Chiesa madre dell’Armenia. Nel 314 Leonzio presiedette un sinodo di vescovi tenutosi nella sua città e collegato al sinodo radunatosi poco prima ad Ancira. Al concilio di Nicea Leonzio comparve assieme ad altri 9 vescovi della Cappadocia e prese posizione contro Ario. Tornando alla serie dei vescovi di Cesarea, ci imbattiamo agli inizi del IV secolo in Leonzio che in quegli anni consacrò vescovo dell’Armenia Gregorio l’Illuminatore. Cesarea divenne così, assieme ad Edessa, la Chiesa madre dell’Armenia Tra i suoi successori, nel 362 emerge Eusebio, un ricco laico che, pur essendo soltanto catecumeno, fu richiesto dal popolo di Cesarea come vescovo della città. L’elezione non piacque a Giuliano l’Apostata, come gli riuscì altresì sgradito il fatto che Eusebio avesse annoverato Basilio tra i membri del clero.
In questi anni Cesarea rappresentava una delle sedi episcopali più importanti ed estendeva la sua giurisdizione sull’intera diocesi del Ponto. Con la creazione del patriarcato di Costantinopoli (451) essa mantenne il primo posto e il titolo di prototrono all’interno del patriarcato ecumenico, titolo questo mantenuto fino a oggi. A rafforzare la posizione di prestigio della Chiesa di Cesarea diede notevolissimo contributo il suo vescovo, Basilio il Grande. Proveniva da una famiglia ricca e nobile e di profonda fede cristiana: la nonna Macrina († 340), discepola di Gregorio il Taumaturgo, e i genitori Basilio ed Emmelia, nel periodo di persecuzione dovettero vivere in nascondimento. Tra i fratelli di Basilio, Gregorio di Nissa e Pietro di Sebaste furono pure vescovi, la sorella Macrina si dedicò alla vita ascetica. Nato nel 330 ca., Basilio compì i suoi studi di retorica a Cesarea, Costantinopoli e Atene. Qui entrò in contatto con il futuro imperatore Giuliano l’Apostata e strinse amicizia con Gregorio di Nazianzo. Ritornato in patria, dopo aver esercitato per breve tempo l’attività di retore, chiese il battesimo e con esso fece scelta di vita religiosa. A rafforzare la posizione di prestigio della Chiesa di Cesarea diede notevolissimo contributo il suo vescovo, Basilio il Grande Una visita ai centri monastici di Siria, Palestina, Egitto e Mesopotamia lo orientò alla vita monastica, che iniziò ad Annesi, una proprietà della sua famiglia presso il fiume Iri. Qui incontrò Eustazio di Sebaste, assertore di un evangelismo radicale in contestazione con la Chiesa di Stato.
Di questo personaggio, che va considerato il vero iniziatore dell’ascetismo in Asia Minore, Basilio risentì l’influsso, ma seppe anche prenderne le distanze. Lo dimostrano la Filocalia e le due Regole Monastiche scritte adAnnesi assieme all’amico Gregorio di Nazianzo. In esse Basilio riuscì a vincolare il monachesimo alla gerarchia ecclesiastica e alla vita della comunità. La vita cenobitica gli sembrava più elevata di quella anacoretica, in quanto orientata all’amore del prossimo [1]. Fino a oggi le due Regole rappresentano il fondamento del monachesimo ortodosso, e pure san Benedetto da Norcia vi attinse degli elementi. Basilio legò i suoi monasteri con istituzioni caritative, mettendo a disposizione dei poveri il suo ingente patrimonio familiare[2].Basilio riuscì a vincolare il monachesimo alla gerarchia ecclesiastica e alla vita della comunità.
Nei pressi della città di Cesarea eresse una città ospedaliera, che da lui prese il nome di Basiliade: fu essa a costituire il centro dell’odierna Cesarea[3]. Ordinato sacerdote da Eusebio, con il quale entrò in contrasto sembra per l’invidia suscitata in costui, in seguito si rappacificò.
Ne divenne anzi consigliere e nel 370 – non senza opposizioni – gli successe come arcivescovo di Cesarea, metropolita della Cappadocia ed esarca, con circa 50 Chiese suffraganee.Per ridurre l’influsso di Basilio, l’imperatore ariano Valente nel 372 divise la Cappadocia in due province civili, aventi come capitali rispettivamente Cesarea e Tiana. Il vescovo di questa Chiesa, Antimo, rivendicò allora i suoi diritti di metropolita. Dal canto suo Basilio in un concilio sostenne che le divisioni territoriali civili non dovevano coincidere con quelle ecclesiastiche.[inset side=right] La vita cenobitica gli sembrava pıù elevata di quella anacoretica, in quanto orientata all’amore del prossimo. Per questa ragione, e per non vedere sminuito il suo potere d’influenza, egli creò vescovi di piccole cittadine alcuni suoi amici. Merita d’essere ricordato Gregorio di Nazianzo, eletto vescovo di Sasima, una piccola stazione postale eretta a Chiesa che egli neppure visitò.
Assieme ad Atanasio e attraverso la corrispondenza con papa Damaso, Basilio cercò di creare un accordo tra i vescovi orientali e quelli occidentali contro l’arianesimo Le sue premure non ebbero risultati positivi La ragione fu lo scisma allora in atto ad Antiochia, che vedeva contrapposti due vescovi: Paolino, sostenuto da Damaso, daA mbrogio, dai vescovi occidentali e da quelli egiziani, e Melezio, appoggiato invece da Basilio e dai vescovi orientali. Come teologo Basilio si rivelò originale.. . Nei pressi di Cesarea, Basilio eresse una città ospedaliera che da lui prese il nome di Basiliade: fu essa a costituire il centro dell’odierna Cesarea Nei suoi scritti prese posizione contro le diverse forme di arianesimo (Contro Eunomio) e contro i macedoniani, o negatori della divinità dello Spirito Santo. La sua posizione fu fatta propria dal concilio di Costantinopoli (381) celebrato due anni dopo la sua morte, ma che segnò il trionfo postumo di questo metropolita di Cesarea. L’influenza di Basilio si fece avvertire anche nella prassi pastorale [4] e nella liturgia.
A lui, infatti, rimonta l’Anafora cosiddetta di San Basilio. Morì nell’anno 379. Una decina d’anni più tardi il vescovo Gaudenzio di Brescia, passando per la « vastissima città della Cappadocia di nome Cesarea, dove i santi QuarantaMartiri hanno una celebre Chiesa », ricorderà Basilio, « grande uomo di beata memoria … dotato di singolare eloquenza e di sapienza apostolica » (Trattato 17). L’influenza di Basilio si fece avvertire anche nella prassi pastorale e nella liturgia. A lui, infatti, rimonta l’Anafora cosiddetta di San Basilio Tra i vescovi che gli succedettero va menzionato Teodoro Ascida († 588), acceso ammiratore di Origene, criptomonofisita, amico dell’imperatore Giustiniano e partecipe al concilio di Costantinopoli del 536.Alui subentròAndrea, a noi noto per aver scritto un commento all’Apocalisse difendendone l’ispirazione sacra contestata da taluni.A partire dal VII e sino al IX secolo Cesarea fu sottoposta a incursioni da parte degli Arabi.