Della grandiosa basilica dedicata a Tecla e fatta costruire dall’imperatore Zenone (474-490), sussistono resti dell’abside. Si tratta d’una costruzione che ampliava il precedente luogo di culto della santa.
I resti della basilica lasciano supporre un’estensione enorme (90×37 mt). Al di sotto dell’abside ci si immette in un insieme di grotte comunicanti. I resti della basilica zenoniana lasciano supporre un’estensione di 90x37mt.Al di sotto dell’abside ci si immette in un insieme di grotte comunicanti. La vasta camera centrale nell’antichità fu trasformata in cappella e riccamente addobbata. Conosciamo così, presumibilmente, la tomba di Tecla. Attorno a questo nucleo primitivo, nel corso dei secoli sorse una cittadina.
Stando alla testimonianza di Eteria (fine del IV secolo?) « vicino alla santa chiesa non ci sono che innumerevoli monasteri di uomini e di donne … al centro v’è un grande muro che racchiude la chiesa dove si trova la tomba: quella tomba è molto bella. Inoltre il muro è stato messo per proteggere la chiesa dagli Isauri che sono molto cattivi e spesso rubano: perché non tentino di far qualcosa al monastero che ivi svolge il suo servizio. Arrivata dunque là in nome di Dio, dopo aver fatto una preghiera alla tomba e aver letto tutti gli Atti di Santa Tecla, resi infinite grazie a Cristo nostro Dio…» (Diario di viaggio).
L’estensore degli Atti di Paolo e Tecla risulta essere un presbitero che venne deposto per aver fatto circolare questo scritto sotto il nome di Paolo Con questa informazione Eteria ci conferma sulla diffusione del culto a Tecla. Le vicissitudini di questa santa sono narrate negli Atti di Paolo e di Tecla cui allude Eteria. Si tratta di un’opera composta presumibilmente tra il 189 e il 195, se non prima. Il suo estensore risulta essere stato un presbitero che venne deposto per aver fatto circolare questo scritto sotto il nome di Paolo. Tertulliano ci fornisce, al riguardo, la testimonianza seguente: « Se gli scritti che circolano fraudolentemente sotto il nome di Paolo invocano l’esempio di Tecla a favore del diritto per le donne d’insegnare e di battezzare (Tecla aveva svolto attività missionaria e si era battezzata da sé), si sappia che il prete che li compose in Asia, quasi per aumentare di testa sua la fama di Paolo, dopo essere stato dimostrato colpevole e aver riconosciuto che l’aveva fatto per amore di Paolo, fu deposto » (Sul battesimo, 17). Secondo questi Atti, che certamente furono influenzati dal culto locale prestato a Tecla in Seleucia e da tradizioni del posto, questa Santa originaria d’Iconio, udita la predicazione di Paolo e convertitasi, prese a seguirlo aiutandolo nella sua attività missionaria. Sfuggita alla persecuzione e alla morte [1],si ritirò a Seleucia dove « illuminò molti con la parola di Dio e si addormentò in pace » (Atti). Nonostante la condanna del suo estensore, questo scritto trovò ampia diffusione: venne conosciuto e usato da Ippolito e da Origene.
Non va dimenticato che in un monastero di S. Tecla trovò rifugio Gregorio di Nazianzo che qui visse per alcuni anni Come fa osservare V. Schultze, nello sviluppo del culto prestato a Tecla si mescolano insieme concezioni e forme tanto cristiane che pagane. La stessa figura di Tecla si può per diversi aspetti assimilare ad Artemide che proprio in questa zona era particolarmente venerata (come protettrice della castità, amica della natura e degli animali, dotata di poteri taumaturgici particolari). « Ad Artemide si oppone ora una avversaria nella persona di Tecla o, più esattamente, le peculiarità e il potere di Artemide sono assunti dalla più antica storia del cristianesimo rivestito in senso cristiano e riferiti alla figura di Tecla » (Altchristliche Städte und Landschaften, II, 244-245). Non va infine dimenticato che in un monastero della inclita vergine Tecla trovò rifugio Gregorio di Nazianzo che qui visse per alcuni anni da asceta dopo essere fuggito dalla casa paterna per non succedere al padre nell’incarico di vescovo di quella città (cfr. Poemata de seipso, Carminum liber, II, 545-550: PG 37, 1067).