Nei pressi della sorgente del fiume Meandro e a poca distanza dall’odierna cittadina di Dinar si scorgono i resti di Apamea che per lungo tempo fu la città più importante dell’Asia Minore dopo Efeso. Il nome originario della città che ospitò Serse, Ciro il Giovane e Alessandro Magno era Celene. Il nome originario della città che ospitò Serse, Ciro il Giovane e Alessandro Magno era Celene.
Sotto Antioco II (223-187 a.C.) essa, situata com’era su una collina, fu costruita nella pianura sottostante e assunse il nome di Apamea, madre del fondatore Antioco. A seguito dell’annessione all’impero romano (133 a.C.), la città assunse grande rilievo da ascrivere sia alla sua situazione in una fertile vallata ma anzitutto al suo carattere di emporio di merci sulla via che collegava l’Asia Minore alla Cappadocia. Il fatto che fosse anche sede di un conventus iuridicus, ovvero sede di giudizio del governatore che vi si recava annualmente, conferma la sua importanza. Da questo punto di vista ad Apamea facevano capo sei grandi città e nove di minor importanza. Nei primi decenni del IV secolo il benessere e l’importanza di Apamea si ridussero notevolmente. [/inset]Nei primi decenni del IV secolo il benessere e l’importanza di Apamea si ridussero sia a motivo della persecuzione di Diocleziano che devastò la Frigia, ma anche a causa dell’erezione di Bisanzio a capitale. Allora, infatti, l’asse dei commerci si orientò verso Costantinopoli e strade fino a quel tempo importanti come quella che passava da Apamea non servirono che al traffico locale. La città possedeva un’importante colonia giudaica come ci è attestato dalle numerose iscrizioni e dai patronimici giudei ritrovati. È risalente a costoro la tradizione secondo cui l’arca di Noè si sarebbe posata sull’acropoli di Celene. Questa tradizione già sotto Settimio Severo (193-211) era talmente affermata da essere riprodotta persino sulle monete imperiali raffiguranti da un lato l’imperatore e dall’altro un’arca e una colomba portante un ramoscello d’olivo.
La città possedeva un’importante colonia di giudei. Risale a costoro la tradizione secondo cui l’arca di Noè si sarebbe posata sull’acropoli di Celene. L’accettazione di questa tradizione anche da parte pagana trovò riflessi persino nella qualifica di Ciboto (= Arca) che accompagnava il nome della città (Apamea Ciboto). Sulla collina di Celene, presumibilmente già nel III secolo, fu eretta la cosiddetta chiesa cristiana dell’Arca della quale sussistono taluni resti. Intorno alla data d’arrivo del cristianesimo in Apamea mancano riferimenti sicuri. Nondimeno la presenza della comunità giudaica come l’esistenza di strade che collegano la città con la Siria e la Palestina porta a credere che il cristianesimo vi sia giunto prestissimo. La prima traccia d’una presenza cristiana nella città è offerta da un’iscrizione databile intorno alla metà del II secolo in cui una donna defunta chiede di pregare non per lei ma per il figlio che lascia su questa terra [1]. Nella seconda metà del secolo II, il movimento reazionario del montanismo o della nuova profezia sorto in Frigia, raggiunse anche Apamea ma fu ostacolato dal vescovo locale Giuliano. L’accettazione di questa tradizione da parte pagana trovò riflessi persino nella qualifica di Ciboto (= Arca) che accompagnava il nome della città: Apamea-Ciboto.
Lo storico Eusebio riferisce che egli, assieme al vescovo Zotico di Comana, si recò nella non lontana Pepuza, sede di governo della setta, per smascherare la profetessa Massimilla († 179?), ma gli aderenti a questo movimento « chiusero ad essi la bocca non permettendo loro di confondere lo spirito mentitore e imbroglione » (H.E., V,16-17). Intorno a questi anni ebbe luogo la persecuzione di Marco Aurelio (161-180), nella quale membri della Chiesa e montanisti furono arrestati assieme. In questa circostanza avvenne che i martiri Gaio, Alessandro e compagni, tutti originari di Eumeneia, fossero condotti ad Apamea e rinchiusi nello stesso carcere assieme a cristiani montanisti. Eppuremorirono senza comunicare con costoromostrando così di « non approvare lo spirito di Montano e delle sue femmine » (H.E., V,16-22). Per il secolo III, le testimonianze sulla comunità cristiana d’Apamea sono tutte epigrafiche. Esse si riducono notevolmente nel secolo successivo con il sopraggiungere delle persecuzioni di Diocleziano e poi di Licinio. Nella seconda metà del II sec., il movimento reazionario del montanismo raggiunse anche Apamea. A questo periodo risale l’uccisione di Acacio, martirizzato ad Apamea.
Il nome della città torna alla ribalta negli ultimi anni del 400, a motivo del suo vescovo Conone. Pare fosse di origine isaurica.Quando si tentò di epurare gli Isauri che nel frattempo avevano assunto posti chiave nella corte e nell’esercito imperiale, Conone si schierò dalla loro parte e con essi prese parte ad azioni di guerra. Sconfitti a Cotico, in Frigia (493), gli Isauri non cessarono d’affrontare l’esercito imperiale. Fu in uno di questi scontri armati nei pressi di Claudiopoli che il vescovo Conone fu mortalmente ferito. Nel tempo successivo a questi eventi niente emerge di particolarmente rilevante nella storia della Chiesa d’Apamea. Per il secolo III, le testimonianze sulla comunità cristiana d’Apamea sono tutte epigrafiche.